Universi paralleli, sliding doors e la consolazione di sapere che un nostro alter ego, invece di cascare dalle scale, vince la lotteria.
Le ipotesi sull’esistenza di universi paralleli sembrerebbero materia da fantascienza, ma gli scenari aperti dalla fisica quantistica e dalla teoria delle stringhe spiazzano la presunzione di aver compreso e definito una volta per tutte il mondo fisico, a cominciare da quella che definiremmo solidissima materia: anche il più solido oggetto che possiamo toccare é costituito essenzialmente da spazio vuoto; immaginando un atomo delle dimensioni di una stanza, il nucleo al centro avrebbe le dimensioni di un granello di sabbia. Gli elettroni che ne descrivono i confini sono ancora più piccoli; é vero che se picchiamo contro una lastra di qualunque materiale solido non riusciamo ad attraversarla, ma ciò solo in virtù delle potenti forze elettrostatiche che si esercitano fra gli atomi e che, loro si, formano la resistente tramatura della “materia”.
E non basta: anche le particelle subatomiche hanno proprietà corpuscolari solo nella rilevazione dei nostri sensi (o dei nostri strumenti di indagine, che non sono altro che estensioni sensoriali che devono necessariamente rapportarsi alle nostre capacità di percezione): elettroni, protoni, neutroni sono formati da quark i quali, così come le altre particelle subatomiche, hanno anch’essi una corporeità apparente.
La teoria delle stringhe, ma per alcuni aspetti anche le riflessioni che si possono fare in seguito a esperienze più datate ed assimilate, come il principio di indeterminazione di Heisenberg (sull’impossibilità di rilevare sia posizione che velocità in un dato momento di una particella come l’elettrone, come a negarne l’essenza corpuscolare nonostante le nostre percezioni sensoriali o strumentali) prevede che i costituenti fondamentali di quelli che le rilevazioni fisiche indicano come corpuscoli siano delle “stringhe” di energia, cioè corde vibranti chiuse ad anello che in base al tipo di vibrazione determinano le caratteristiche elettrostatiche e di massa dei costituenti subatomici; solo energia quindi, in tutto ciò che noi, coi nostri sensi grossolani, percepiamo come materia (e da qui le grossolane teorie sulla realtà come illusione).
Le dimensioni delle stringhe sono estremamente ridotte: se un atomo avesse le dimensioni dell’universo conosciuto, una stringa sarebbe grande quanto un albero. Questa basilare forma di energia ha la caratteristica fondamentale di vibrare in direzioni e con modalità diverse, conferendo così le caratteristiche peculiari a corpuscoli e fotoni; i calcoli matematici alla base della teoria relativamente alle diverse posizioni (quantiche) di oscillazione hanno fatto ricavare 10 dimensioni spaziali possibili (più una dimensione temporale, inscindibile dal concetto di spazio da Einstein in poi).
Il nostro universo è a quattro dimensioni, tre spaziali (avanti-indietro; destra-sinistra; su-giu) ed una temporale (prima-dopo): dove sono le altre sette?
Sono arrotolate in forma microscopica, avvolte dalle stringhe la cui energia, di considerevole entità, impedisce che si svolgano; questa realtà multidimensionale può essere facilmente immaginata se consideriamo la struttura di un tappeto: osservato a distanza mostrerà le tre dimensioni macroscopiche, ma visto da vicino risulterà intessuto di numerose fibre, quindi procedendo in direzione su-giù attraverso il tappeto vediamo ulteriori dimensioni spaziali, quelle arrotolate dei fili che compongono la tramatura. Allora per stabilire la posizione sul\nel tappeto occorrono le 3 dimensioni spaziali macroscopiche: la dimensione temporale (il quando) ed altre dimensioni, relative alla posizione lungo il percorso circolare dei fili che compongono la tramatura; ecco il modo in cui, oltre alle tre dimensioni spaziali estese, possiamo avere le altre più piccole arrotolate.
Al momento del big bang tutte le 10 dimensioni spaziali erano circolari, di dimensioni ultramicroscopiche (analoghe a quelle delle stringhe) ed erano avvolte dalle stringhe che ne impedivano l’espansione (la tutela delle stringhe si manifesta ancora nel nostro universo per quello che riguarda le 7 dimensioni rimaste compattate).
Per le fortissime energie liberate negli istanti successivi al big bang le strutture stringa-dimensioni arrotolate (strutture di Calabi-Yau) hanno subito frenetiche trasformazioni, strappi e ricuciture che hanno portato alla liberazione delle tre dimensioni macroscopiche.
Dal nostro punto di osservazione (e di esistenza) si sono liberate solo tre dimensioni, quelle rivelatesi capaci di ospitare atomi e molecole, stelle e pianeti; in realtà date 10 dimensioni spaziali ognuna ha avuto la possibilità di subire lo sconvolgimento energetico che ne ha portato allo srotolamento. Ma noi viviamo nell’universo caratterizzato da queste tre dimensioni spaziali in cui siamo imprigionati: i sistemi monodimensionali (un filo immateriale percorso da stringhe energetiche), o bidimensionali (una membrana priva di spessore) ed ancora di più i sistemi a 4-5 o più dimensioni sono impercepibili coi nostri sensi, ed obbediscono a leggi fisiche diverse che ne impediscono le interazioni col nostro universo. Questi universi paralleli occuperebbero il nostro stesso “dove” ma avrebbero creato un loro spazio specifico (lo spazio esiste in quanto occupato dalla materia e rimarrebbe quindi appannaggio esclusivo di ciascun sistema di dimensioni o “universo parallelo”): la relazione fra loro é costituita solo dalla forza di gravità, che tiene insieme nello stesso “dove” tali universi paralleli ed é l’unica forza che si esercita fra essi, l’unica possibilità di interazione: negli urti provocati negli acceleratori di particelle si cerca, fra l’altro, il verificarsi della scomparsa di energia, il che sarebbe indice del passaggio di un gravitone in un universo parallelo; inoltre si ritengono i buchi neri, per le loro condizioni estreme di gravità e di curvatura spazio-temporale, un possibile punto di unione ed un ipotetico passaggio fra gli universi.
Questo scenario esclude quindi altre possibilità di interazione fra gli universi nati dallo stesso big bang, oltre alla gravità: di sicuro é impossibile la formazione della materia come la conosciamo nelle strutture ad una o due dimensioni srotolate, mentre gli universi a più di tre dimensioni macroscopiche ci riesce difficile anche immaginarli: dimentichiamo omini verdi e dischi volanti, che se c’é formazione di materia e forme di vita in questi universi esse ci apparirebbero come un delirio a metà strada fra Picasso e gallerie di specchi opposti; non solo: giacchè il tempo é funzione dello spazio, sono inimmaginabili anche le direzioni temporali in questi universi. Oltre alla direzione prima-dopo dovremmo avere strutture temporali circolari, ripiegate (anche più che nel nostro universo, dove pure c’é la curvatura spazio-tempo dimostrata da Einstein ed attribuita all’attrazione gravitazionale). Percorsi andata e ritorno e direzioni dopo-prima, intersecazioni ed incroci al punto che la vicenda di Benjamin Button al confronto sarebbe piuttosto banale.
Il nostro é l’unico universo a 3 dimensioni?
Probabilmente no, in quanto potremmo averne un numero pari alle combinazioni delle dieci dimensioni e potrebbero essere piuttosto simili,ma il big bang rimarrebbe l’unico momento di “vita in comune” fra loro: non é questo quindi lo scenario che ci fa immaginare il nostro alter ego che vince l’oscar come attore protagonista; il contatto fra universi paralleli sarebbe limitato al punto di origine anche in un’altra ipotesi, quella secondo cui il numero di universi potrebbe essere sterminato perché il fenomeno del big bang potrebbe essere originato dall’urto di macroscopiche strutture membranose che si ripeterebbe con una certa frequenza, causando il distacco da esse di schegge, polvere di energia, stringhe la cui aggregazione produce le dimensioni spaziali di cui prima: avremmo innumerevoli altri universi, anche a 3 dimensioni, ma a distanze incommensurabilmente enormi l’uno dall’altro, ben maggiori delle dimensioni di un singolo universo: in questo caso avremmo ancora meno relazioni fra universi, neanche il legame gravitazionale e la condivisione del “dove”.
E gli universi paralleli della fantascienza, allora, quelli dove invece di cascare dalle scale vinciamo la lotteria, sono davvero improponibili?
La teoria delle stringhe ci consente quei voli di fantasia in cui ogni nostra decisione dà origine ad una “sliding door” che si affaccia sull’universo in cui si sviluppa il futuro previsto dall’alternativa alla decisione presa, con l’appoggio del principio di indeterminazione di Heisenberg e della fisica quantistica, che prevedono come potenzialmente reale ogni alternativa possibile fino a che l’osservatore non fissa la realtà con la sua osservazione, anche quando l’osservazione é successiva all’evento (si veda l’esperimento del passaggio dei fotoni attraverso l’una o l’altra delle due feritoie di una maschera, col fotone che attraversa immancabilmente la feritoia che stiamo osservando: anche quando si effettua la rilevazione a valle della maschera, DOPO CHE IL FOTONE E’ PASSATO, siamo in grado di “decidere” da quale feritoia il fotone é passato, come se gli eventi si verificassero entrambi, ma solo la nostra osservazione evidenziasse il futuro del fotone): ne consegue che si realizza tutto il ventaglio di ipotesi possibili: anche se noi osserveremo solo l’universo conseguente all’osservazione compiuta, si concretizzerebbero anche le realtà che non abbiamo osservato.
Per la corsa parallela degli universi occorrono degli strappi nella struttura spazio-tempo, é necessario cioé che le vibrazioni delle stringhe che generano gli eventi nel nostro universo possano manifestarsi anche negli altri; lo strappo spazio-temporale é un’eventualità negata da ogni teoria fisica: una lacerazione dello spazio scatenerebbe cataclismi apocalittici per la necessaria riorganizzazione della materia; eppure una lacerazione dello spazio, e del tempo, esiste,se continuiamo la valutazione delle caratteristiche dell’universo in base alla teoria delle stringhe: essendo queste la forma fisica più piccola esistente, al suo centro ogni stringa circolare deve contenere una microscopica lacerazione dello spazio, protetta dalla tensione della stringa che ne impedisce l’espansione: abbiamo così una finestra attraverso la quale le oscillazioni delle stringhe possono manifestarsi attraverso il vuoto; tale attività si può supporre che produca conseguenze anche in spazi diversi da quello nel quale noi percepiamo la “materia” prodotta nelle sue manifestazioni fisiche dalle oscillazioni delle stringhe nel nostro universo.
Le differenze nell’evoluzione storica fra gli universi comportano necessariamente che le posizioni dei corpi non coincidano più (un individuo va alla partita, l’alter ego preferisce il cinema) ma rimangono generate dalle stesse stringhe: paradosso non insuperabile ricordando l’esperimento di Aspect (1982): facendo emettere due fotoni correlati (nati contemporaneamente) da un atomo di calcio, e diretti in direzioni opposte, sulla traiettoria del primo viene interposto un prisma capace di deviarne la direzione; l’altro fotone, distante nello spazio e diretto agli antipodi, subirà istantaneamente, nello stesso momento, una deviazione dello stesso angolo del primo fotone, con una corrispondenza, fra l’altro, che avviene ad una velocità superiore a quella della luce..
Ecco, in questo scenario finalmente é possibile teorizzare gli universi paralleli immaginati dalla fantascienza: compenetrati uno nell’altro, in quantità elevata ed indefinita, tenuti insieme solo dalla forza di gravità ma senza altra possibilità di contatto (per ora?) e che rappresentano un ampio ventaglio di possibili alternative storiche al nostro.
Nicola Lembo