In anno 439 ab urbe condita, Caio Sulpicio Longo et Publio
Elio Peto consuli, i Sidicini della città di Teanum aggrediscono gli Aurunci,
già arresisi a Roma e quindi sotto la nostra protezione. Nel presidio romano di
Capua attendiamo l’arrivo dei consoli ma prima che l’esercito esca dalle mura
di Roma giunge la notizia che gli Aurunci sono fuggiti davanti ai Sidicini e la
loro città é distrutta.
La meritata punizione dei Sidicini é rimandata al prossimo
anno giacché il senato, irritato per il ritardo nell’azione dei consoli, ha
ordinato Caio Claudio Irregillense dittatore, il quale però ha dovuto
rinunciare in seguito alla denuncia di irregolarità da parte degli auspici. A
Capua non rimaniamo inattivi, per il comandante della cavalleria Caio Claudio
Ortatore è opportuno sorvegliare la città di Cales degli Ausoni, i quali sembra
abbiano unito le armi con i Sidicini, in modo che le legioni dei prossimi
consoli sappiano se dovranno affrontare entrambi i nemici.
In questa mia prima campagna quasi non si combatte ed io come
un idiota mi fido troppo della tranquillità delle giornate di perlustrazione e
mi allontano a cavallo mentre il resto della squadra procura il legname per la
costruzione del campo; l’abbattimento degli alberi é lavoro adatto ai contadini
che formano la fanteria, noi cavalieri dobbiamo solo esplorare il bosco intorno
per evitare che la squadra sia preda di pattuglie della cavalleria nemica. La
fatica mi viene risparmiata, ma non la noia: mi faccio portare dal cavallo, é più lui che decide la strada.
In verita' sognavo di diventare uno degli eroici principes della
legione ma solo le famiglie patrizie hanno la possibilità di armare un
cavaliere e cavaliere sono dovuto essere. Però dovrò imparare a cavalcare
meglio… ed in futuro dovrò fare più attenzione ai rumori diversi da quelli
prodotti dal vento ed a scrutare più l’orizzonte, che non a cercare i disegni e
mappe nelle ghiande sparse ai piedi degli alberi, perché é così che mi hanno
catturato: solo all’ultimo hanno lanciato al galoppo i cavalli, per non darmi
tempo di fuggire. Ma non sono riuscito neanche a girare Bucefalo, cui
evidentemente l’arrivo dei suoi simili non crea allarme…Bucefalo…poteva essere
solo l’ottimismo della mia sorellina Lavinia a dare il più nobile nome equino a
questo idiota con la coda…
Mi conducono con premura all’interno delle mura di Cales; i
senatori cercano di capire tramite me le intenzioni di Roma; non ho remore a
confermargli il prossimo attacco contro i Sidicini, provo a sconsigliare
l’alleanza con loro, ma vengo pesantemente colpito dal piatto di una spada:
“Sei un prigionero, romano, non un ambasciatore!”.
Il colpo non é stato propriamente piatto e mi lascia un
rivolo di sangue che sento scorrere sulla guancia (una cicatrice! Una cicatrice
guadagnata in guerra! A Licinia piacerà più la cicatrice…o dispiacerà più lo
sfregio…nel dubbio cerchiamo di non procurarcene altri…).
Il primo periodo di prigionia non é difficoltoso; ricevo le
visite di senatori, mercanti, capi militari che cercano con blandizie di sapere
se l’attacco ai Sidicini avverrà subito o verrà rimandato a dopo l’inverno; non
comprendo l’importanza delle domande, forse dò per scontato che sia facile
inviare spie lungo la via Latina a raccogliere informazioni.
Mi sembrano cortesi, spero di poter riprovare a stabilire buoni
rapporti fra loro e Roma (tornare a casa con un successo diplomatico…parto con
un ciuco di nome Bucefalo e torno con un successo per Roma!) e soprattutto mi
pare di capire che la loro alleanza con i Sidicini non sia ancora stabilita. Mi
sembrano sinceramente preoccupati per i raccolti, per le loro fattorie che
sarebbero abbandonate al saccheggio…non é solo per Roma, ho anche voglia di
aiutare loro, e qui si vede la differenza fra un ambasciatore ed un misero
idiota: confesso serenamente che l’attacco sarà portato ormai dai nuovi
consoli, con il nuovo anno, per via delle irregolarità nella nomina del dittatore
Caio Claudio Irregillense, screditato dagli auguri.
Le condizioni della mia prigionia cambiano! La minaccia
romana appare vaga, lontana, forse non avverrà (un dittatore ed un maestro di
cavalleria che rinunciano alla carica perché avversati da un fegato di pollo…).
Non ospito più visite di amichevoli senatori e preoccupati
agricoltori, ma non mancano le attenzioni: ricevo un duro tozzo di pane, ogni
giorno, ma prima, ogni volta, vengo coscienziosamente frustato, perché ai
cittadini paia più lieve il sacrificio di nutrirmi; mi assicurano che stanno
usando la mano leggera, ma io li rassicuro che fa male lo stesso…
Non c’é soldato, cittadino o imberbe fanciullo che risparmi
un calcio o uno sputo nel passare davanti alla mia grotta; i proprietari, prima
quasi supplici, sfilano tracotanti ed ubriachi a promettermi un prossimo
impiego al giogo dell’aratro, appena il presidio romano avrà rimosso il
campo…spero che non vi siano campi da coltivare d’inverno; spero che le legioni
arrivino, sono sicuro che verranno: Roma non dimentica il tradimento e
l’alleanza degli Ausoni con i Sidicini sarà punita…la prossima primavera, però.
La catena é piuttosto lunga, ma passa nel foro di un grosso,
pesantissimo masso; dal mio lato sporge di due cubiti, mentre per la maggior
parte va dal masso al muro, ad angolo retto, abbastanza tesa; il lato troppo
corto che mi lega al masso non mi consente di raggiungere il muro, non sono in
grado di spostare la pietra, é molto grande, neanche riesco a girarvi intorno
per tirare l’altro capo della catena…provo a dare strattoni: la catena stride,
scorre, ma solo se tiro lentamente, se impiego più forza, il movimento si
esaurisce per l’attrito lungo il foro e per l’angolo che il masso costringe a
fare alla catena; sul chiodo nel muro non riesco a fare alcuna trazione; il
punto debole é il muro, ma non ho modo di arrivarci… .
La mia cattività é ritenuta sicura, la catena é salda, le
porte di Cales sorvegliate, non sprecano uomini per farmi la guardia, per cui
chiunque può venire a molestarmi. Particolarmente sgradevoli sono le visite del
mercante Baculio: si fa un obbligo quotidiano di venire ad informarmi come e
qualmente mia madre copuli con gli schiavi asiatici nelle terme pubbliche e si
dice sicuro che le mie sorelle sono state fatte prigioniere dai pirati della
Lidia, che prima di venderle a vil prezzo ai Numidi del deserto hanno insegnato
loro le arti delle meretrici di Creta e fatte esercitare con le schiere dei
Persiani; neanche mio padre é indenne: sono sempre i pirati lidi che avrebbero
preferito tenerlo per loro a lustrare nudo i ponti delle navi.
C’é poi il ragazzo appassionato di politica: mi si rivolge
come se avesse di fronte il senato romano con discorsi che probabilmente
elabora vedendosi come un oratore al foro: ma alla fine tutto si riduce sempre
alle recriminazioni sulla prepotenza di Roma che impedisce ai popoli italici di
godere della loro naturale ed irrinunciabile libertà.
Per un po’ gli dò corda, spero di ottenere dalla sua
amicizia qualche vantaggio materiale, ma quando gli chiedo di portarmi da
mangiare mi guarda come se avessi parlato l’antica lingua di Ceri: rimane un
po’ intontito, deglutisce un paio di volte e ricomincia a parlare: non può
credere che di fronte alle sue superbe perorazioni io trovi il modo di pensare
al cibo…crederà piuttosto di aver capito male!
Mi annoia, così preferisco liquidarlo:”Qual’é la libertà cui
aspirano gli Italici? A quale libertà aspirano i Sanniti, a quella che gli
consenta di saccheggiare le fattorie dei Greci in Campania? E qual’é l’uso che
hanno fatto i Sidicini della loro
autonomia politica e militare? Hanno aggredito gli Aurunci e distrutto le loro
case. E voi Ausoni, della vostra preziosa ed ancora breve indipendenza, cosa
fate? La bagnate nel piscio dell’alleanza con gli infami Sidicini per brama di
saccheggio: Roma verrà per difendere i sopravissuti e vendicare le distruzioni
patite dal popolo che con fiducia si era affidato alla protezione della
Repubblica. Punirà anche voi, foss’anche per le sole vostre intenzioni, e tu piccola
pecora merdosa sarai il primo che indicherò alle forche dei giustizieri, perché
la stupidità del cittadino é peggiore della cattiveria del soldato”.
Non l’ho piu’ rivisto.
Anche questa ragazzina che dice di essere una schiava lucana
acquistata dai Sanniti é una molestia con le sue domande su Roma, gli abiti
delle matrone, le acconciature dei loro capelli, le loro abitudini sessuali
persino; mi chiede se la porterò con me, quando i Romani arriveranno; anche lei
sa che le legioni verranno.
Diventa l’unica presenza amica, potrebbe essermi utile…a mio
disdoro, ammetto che la prima utilità che ho sperimentato non é molto nobile…é
una schiava, ho anch’io le mie schiave nella casa paterna, é la prima cosa che
facciamo quando le compriamo…penso che mio padre le compri apposta, oltre che
per i lavori domestici, e come quelle non ha penato a resistere, troppo tempo
sarà passato dalla prima volta che ha sperimentato la sua vita di giovane e
bella schiava.
Penso che la porterò via, quando sarò liberato…o se riuscirò
a scappare…il mio personale bottino di guerra!
Perché ci ho messo così tanto a decidere di farmi aiutare?
Le chiedo di svellere dal muro il grosso chiodo che tiene la catena; penso che
basti colpirlo più volte con un sasso; la ragazzina si infervora a colpire, ma
temo che il rumore attiri attenzioni, nonostante lo straccio che avvolge il
sasso. Le spiego che é meglio dare due o tre colpi ogni giorno per prudenza…ma
anche per decidere cosa fare quando sarò libero; quando finalmente si svelle,
la convinco a rimettere a posto il perno, ad incassarlo come prima, adesso
verrà via anche con qualche debole strattone: gli idioti non hanno pensato a
mettere un chiodo di dimensioni maggiori del foro nella pietra…o forse hanno
dovuto far passare la catena nel masso quando all’altra estremità era già
legato il collare…idioti in ogni caso.
Nei prossimi giorni occorrerà versare dell’olio nel foro
della pietra. Quando scappare? Non sono sorvegliato, gli accessi alle mura
saranno sicuramente molti per difendersi dall’assedio, giusto una corda per
calarmi giù…potrà procurarla Meridia? Cales e’ sulla via Latina, conosco i
boschi intorno dalle scorte fatte agli approvvigionamenti, raggiungerei
facilmente Capua.
Oppure potrei rimanere qui, subire ancora gli oltraggi, le
nerbate, sopportare la fame per essere di aiuto durante l’assedio ormai
prossimo…
Stanno passando i mesi invernali, arriveranno i nuovi
consoli, anche se vi fossero problemi con i Sanniti Roma non trascurerà di
punire Cales, l’inflessibile senato invierà uno dei consoli a sottomettere gli
Ausoni.
“Tu, sempre a fare la puttana del romano!”. E così la
uccide, senza alcun moto d’animo, con una lenta indifferenza, gesto di cui non
dovrà rendere conto, per un’insignificante schiava lucana. Poi stancamente,
come pentito di essersi procurato un lavoro sgradevole, con forti colpi di
spada le tronca gli arti e la testa per
poterla buttare più facilmente oltre la soglia della grotta.
“Ecco, ora la tua meretrice finirà ad ingrassare i cani”
“Già, gli stessi cani che mangerete quando le legioni
metteranno l’assedio!”
“Allora vorrai mangiarne anche tu di quei cani…” mi risponde
pensoso, valutando il mio insulto come una fondata previsione.
Anche la mia famiglia ha i suoi schiavi a Roma e nel podere
di Fregellae, anche per mio padre e per me é spesso necessario punire gli
schiavi; non arriviamo ad ucciderli; quando diventano intrattabili, violenti
cerchiamo di venderli….finiscono sempre per valere qualcosa.
Meridia no, non valeva più niente per il soldato ausone,
malinconicamente presago del destino di Cales.
Il fantasioso Baculio non resiste all’opportunità di
informarmi che il grande esercito federato dei Sidicini e degli Ausoni e’
pronto alla battaglia contro le legioni romane. Sento l’agitazione della
raccolta dei soldati, il clamore degli incoraggiamenti, l’esaltazione febbrile
e subisco il sarcasmo di chi ha un motivo in più per passare a tirarmi calci;
ma dura una sola mattina, a cui segue un trambusto nervoso, imprecazioni ed
ordini urlati di proteggere e rinforzare le mura; la loro armata é stata
evidentemente sconfitta, i superstiti devono essersi rifugiati nella città.
Dimenticano di frustarmi (ma anche di portarmi il pane).
Agitazione, rumori di sassi accumulati sotto le mura, facce tese dalla
preoccupazione: é primavera, le legioni avranno tutto il tempo per distruggere
Cales, ma si potrebbe fare più in fretta. Questa città va presa, ho troppe cose
in sospeso nell’animo; e va presa con la mia opera, senza che Roma sprechi
troppo tempo o la vita dei suoi soldati; voglio dei meriti nella conquista di
Cales, in senato avrò un favore da chiedere.
Sono di nuovo ubriachi, festeggiano le loro ricorrenze
nonostante l’assedio, evidentemente ritengono l’invocazione ai loro Dei più
efficace dello scendere in battaglia. E’ il momento, tendo la catena, adesso
anche se scorre lentamente il movimento estrae il perno dal muro; anche il
chiodo attraversa il foro unto del masso, avvolgo la catena fra l’ascella e la
spalla, oltre il collo;le strade sono frequentate ma la mia andatura incerta mi
confonde con gli ubriachi,le tenebre della sera mi rendono sicuro; trovo la
corda nascosta dalla fiduciosa Meridia, é dove mi aveva indicato, scalo una
montagna di sassi e raggiungo la sommità delle mura in un punto non
sorvegliato, forse perché non vi arrivano i camminamenti con i gradini. Trovo
un comodo appiglio per la corda, mi calo giù.
Mi è facile farmi riconoscere dalle sentinelle e vengo
condotto dal console Marco Valerio Corvo:
” Bene, Marco Fabio, tuo padre Caio mi ha raccomandato con
insistenza di cercarti e portarti in salvo, ed ecco che sei tu a venire da
me!”.
“Spero che mio padre non ti abbia recato noia, console, in dispregio
alla mia capacità di difendermi e fuggire”.
“Idcirco, Marce Fabi, per quale motivo non sei riuscito a
fuggire prima? Nunc ceu legioni castra posuerunt, ibi estis! In tergis luporum
morsi timebas? Ma non perdiamo altro tempo: conduci con te il centurione Lucio
con gli astati e portali sotto le mura, dove hai lasciato la corda ancora
appesa ai merli … avrai pure usato una corda per calarti… “.
Così non ho bisogno di dare troppe spiegazioni … non é il
primo imbecille che passa dal foro che il senato di Roma sceglie come
console…non sempre almeno. Conduco il centurione ed i manipoli di astati sotto
le mura; a poca distanza attende un’intera centuria di legionari; in quattro
uno dopo l’altro gli astati risalgono la fune. Arrivati in cima srotolano delle
scale di corda, i legionari salgono, troveranno i difensori ubriachi ed in
disordine…l’assedio e’ finito!
A Roma viene concesso il trionfo a Marco Valerio Corvo, più
in considerazione dell’ingente bottino riportato da Cales che per la difficoltà
dell’assedio; la plebe preme perché nella città degli Ausoni sia stabilita una
colonia, quindi al senato si nominano i triumviri che dovranno assegnare le
terre ed amministrare la giustizia di Roma a
Cales sconfitta. Ho sollecitato tutte le relazioni di amicizia e parentela
di mio padre, ho tediato i senatori perché ignorassero la mia giovane età, ma
ci sono riuscito: saro’ uno dei triumvirii che regoleranno l’assoggettamento a
Roma dei rozzi Ausoni…ho troppe cose in sospeso nell’animo.
n.d.a.: Marco Fabio e’ esistito; Tito Livio, ab urbe condita
liber VIII, accenna alla sua evasione avvenuta durante l’assedio e risultata
risolutiva per la guerra agli Ausoni, così come al suo ritorno (vendicatore?) a
Cales come triumviro per la distribuzione delle terre espropriate; mi é
piaciuto supporre che avesse atteso stoicamente il momento strategicamente
migliore per evadere, ho cercato altre fonti, non le ho trovate e comunque é stato più facile immaginare la storia che, però, potrebbe
anche essersi svolta nella maniera che ho narrato…
Nicola Lembo
Nicola Lembo