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domenica 29 marzo 2015

Marco Fabio:un'evasione particolare

In anno 439 ab urbe condita, Caio Sulpicio Longo et Publio Elio Peto consuli, i Sidicini della città di Teanum aggrediscono gli Aurunci, già arresisi a Roma e quindi sotto la nostra protezione. Nel presidio romano di Capua attendiamo l’arrivo dei consoli ma prima che l’esercito esca dalle mura di Roma giunge la notizia che gli Aurunci sono fuggiti davanti ai Sidicini e la loro città é distrutta.
La meritata punizione dei Sidicini é rimandata al prossimo anno giacché il senato, irritato per il ritardo nell’azione dei consoli, ha ordinato Caio Claudio Irregillense dittatore, il quale però ha dovuto rinunciare in seguito alla denuncia di irregolarità da parte degli auspici. A Capua non rimaniamo inattivi, per il comandante della cavalleria Caio Claudio Ortatore è opportuno sorvegliare la città di Cales degli Ausoni, i quali sembra abbiano unito le armi con i Sidicini, in modo che le legioni dei prossimi consoli sappiano se dovranno affrontare entrambi i nemici.

In questa mia prima campagna quasi non si combatte ed io come un idiota mi fido troppo della tranquillità delle giornate di perlustrazione e mi allontano a cavallo mentre il resto della squadra procura il legname per la costruzione del campo; l’abbattimento degli alberi é lavoro adatto ai contadini che formano la fanteria, noi cavalieri dobbiamo solo esplorare il bosco intorno per evitare che la squadra sia preda di pattuglie della cavalleria nemica. La fatica mi viene risparmiata, ma non la noia: mi faccio portare dal cavallo, é più lui che decide la strada.

In verita' sognavo di diventare uno degli eroici principes della legione ma solo le famiglie patrizie hanno la possibilità di armare un cavaliere e cavaliere sono dovuto essere. Però dovrò imparare a cavalcare meglio… ed in futuro dovrò fare più attenzione ai rumori diversi da quelli prodotti dal vento ed a scrutare più l’orizzonte, che non a cercare i disegni e mappe nelle ghiande sparse ai piedi degli alberi, perché é così che mi hanno catturato: solo all’ultimo hanno lanciato al galoppo i cavalli, per non darmi tempo di fuggire. Ma non sono riuscito neanche a girare Bucefalo, cui evidentemente l’arrivo dei suoi simili non crea allarme…Bucefalo…poteva essere solo l’ottimismo della mia sorellina Lavinia a dare il più nobile nome equino a questo idiota con la coda…

Mi conducono con premura all’interno delle mura di Cales; i senatori cercano di capire tramite me le intenzioni di Roma; non ho remore a confermargli il prossimo attacco contro i Sidicini, provo a sconsigliare l’alleanza con loro, ma vengo pesantemente colpito dal piatto di una spada: “Sei un prigionero, romano, non un ambasciatore!”.
Il colpo non é stato propriamente piatto e mi lascia un rivolo di sangue che sento scorrere sulla guancia (una cicatrice! Una cicatrice guadagnata in guerra! A Licinia piacerà più la cicatrice…o dispiacerà più lo sfregio…nel dubbio cerchiamo di non procurarcene altri…).
Il primo periodo di prigionia non é difficoltoso; ricevo le visite di senatori, mercanti, capi militari che cercano con blandizie di sapere se l’attacco ai Sidicini avverrà subito o verrà rimandato a dopo l’inverno; non comprendo l’importanza delle domande, forse dò per scontato che sia facile inviare spie lungo la via Latina a raccogliere informazioni.

Mi sembrano cortesi, spero di poter riprovare a stabilire buoni rapporti fra loro e Roma (tornare a casa con un successo diplomatico…parto con un ciuco di nome Bucefalo e torno con un successo per Roma!) e soprattutto mi pare di capire che la loro alleanza con i Sidicini non sia ancora stabilita. Mi sembrano sinceramente preoccupati per i raccolti, per le loro fattorie che sarebbero abbandonate al saccheggio…non é solo per Roma, ho anche voglia di aiutare loro, e qui si vede la differenza fra un ambasciatore ed un misero idiota: confesso serenamente che l’attacco sarà portato ormai dai nuovi consoli, con il nuovo anno, per via delle irregolarità nella nomina del dittatore Caio Claudio Irregillense, screditato dagli auguri.

Le condizioni della mia prigionia cambiano! La minaccia romana appare vaga, lontana, forse non avverrà (un dittatore ed un maestro di cavalleria che rinunciano alla carica perché avversati da un fegato di pollo…).
Non ospito più visite di amichevoli senatori e preoccupati agricoltori, ma non mancano le attenzioni: ricevo un duro tozzo di pane, ogni giorno, ma prima, ogni volta, vengo coscienziosamente frustato, perché ai cittadini paia più lieve il sacrificio di nutrirmi; mi assicurano che stanno usando la mano leggera, ma io li rassicuro che fa male lo stesso…
Non c’é soldato, cittadino o imberbe fanciullo che risparmi un calcio o uno sputo nel passare davanti alla mia grotta; i proprietari, prima quasi supplici, sfilano tracotanti ed ubriachi a promettermi un prossimo impiego al giogo dell’aratro, appena il presidio romano avrà rimosso il campo…spero che non vi siano campi da coltivare d’inverno; spero che le legioni arrivino, sono sicuro che verranno: Roma non dimentica il tradimento e l’alleanza degli Ausoni con i Sidicini sarà punita…la prossima primavera, però.

La catena é piuttosto lunga, ma passa nel foro di un grosso, pesantissimo masso; dal mio lato sporge di due cubiti, mentre per la maggior parte va dal masso al muro, ad angolo retto, abbastanza tesa; il lato troppo corto che mi lega al masso non mi consente di raggiungere il muro, non sono in grado di spostare la pietra, é molto grande, neanche riesco a girarvi intorno per tirare l’altro capo della catena…provo a dare strattoni: la catena stride, scorre, ma solo se tiro lentamente, se impiego più forza, il movimento si esaurisce per l’attrito lungo il foro e per l’angolo che il masso costringe a fare alla catena; sul chiodo nel muro non riesco a fare alcuna trazione; il punto debole é il muro, ma non ho modo di arrivarci… .

La mia cattività é ritenuta sicura, la catena é salda, le porte di Cales sorvegliate, non sprecano uomini per farmi la guardia, per cui chiunque può venire a molestarmi. Particolarmente sgradevoli sono le visite del mercante Baculio: si fa un obbligo quotidiano di venire ad informarmi come e qualmente mia madre copuli con gli schiavi asiatici nelle terme pubbliche e si dice sicuro che le mie sorelle sono state fatte prigioniere dai pirati della Lidia, che prima di venderle a vil prezzo ai Numidi del deserto hanno insegnato loro le arti delle meretrici di Creta e fatte esercitare con le schiere dei Persiani; neanche mio padre é indenne: sono sempre i pirati lidi che avrebbero preferito tenerlo per loro a lustrare nudo i ponti delle navi.

C’é poi il ragazzo appassionato di politica: mi si rivolge come se avesse di fronte il senato romano con discorsi che probabilmente elabora vedendosi come un oratore al foro: ma alla fine tutto si riduce sempre alle recriminazioni sulla prepotenza di Roma che impedisce ai popoli italici di godere della loro naturale ed irrinunciabile libertà.
Per un po’ gli dò corda, spero di ottenere dalla sua amicizia qualche vantaggio materiale, ma quando gli chiedo di portarmi da mangiare mi guarda come se avessi parlato l’antica lingua di Ceri: rimane un po’ intontito, deglutisce un paio di volte e ricomincia a parlare: non può credere che di fronte alle sue superbe perorazioni io trovi il modo di pensare al cibo…crederà piuttosto di aver capito male!
Mi annoia, così preferisco liquidarlo:”Qual’é la libertà cui aspirano gli Italici? A quale libertà aspirano i Sanniti, a quella che gli consenta di saccheggiare le fattorie dei Greci in Campania? E qual’é l’uso che hanno fatto i Sidicini  della loro autonomia politica e militare? Hanno aggredito gli Aurunci e distrutto le loro case. E voi Ausoni, della vostra preziosa ed ancora breve indipendenza, cosa fate? La bagnate nel piscio dell’alleanza con gli infami Sidicini per brama di saccheggio: Roma verrà per difendere i sopravissuti e vendicare le distruzioni patite dal popolo che con fiducia si era affidato alla protezione della Repubblica. Punirà anche voi, foss’anche per le sole vostre intenzioni, e tu piccola pecora merdosa sarai il primo che indicherò alle forche dei giustizieri, perché la stupidità del cittadino é peggiore della cattiveria del soldato”.
Non l’ho piu’ rivisto.


Anche questa ragazzina che dice di essere una schiava lucana acquistata dai Sanniti é una molestia con le sue domande su Roma, gli abiti delle matrone, le acconciature dei loro capelli, le loro abitudini sessuali persino; mi chiede se la porterò con me, quando i Romani arriveranno; anche lei sa che le legioni verranno.
Diventa l’unica presenza amica, potrebbe essermi utile…a mio disdoro, ammetto che la prima utilità che ho sperimentato non é molto nobile…é una schiava, ho anch’io le mie schiave nella casa paterna, é la prima cosa che facciamo quando le compriamo…penso che mio padre le compri apposta, oltre che per i lavori domestici, e come quelle non ha penato a resistere, troppo tempo sarà passato dalla prima volta che ha sperimentato la sua vita di giovane e bella schiava.
Penso che la porterò via, quando sarò liberato…o se riuscirò a scappare…il mio personale bottino di guerra!
Perché ci ho messo così tanto a decidere di farmi aiutare? Le chiedo di svellere dal muro il grosso chiodo che tiene la catena; penso che basti colpirlo più volte con un sasso; la ragazzina si infervora a colpire, ma temo che il rumore attiri attenzioni, nonostante lo straccio che avvolge il sasso. Le spiego che é meglio dare due o tre colpi ogni giorno per prudenza…ma anche per decidere cosa fare quando sarò libero; quando finalmente si svelle, la convinco a rimettere a posto il perno, ad incassarlo come prima, adesso verrà via anche con qualche debole strattone: gli idioti non hanno pensato a mettere un chiodo di dimensioni maggiori del foro nella pietra…o forse hanno dovuto far passare la catena nel masso quando all’altra estremità era già legato il collare…idioti in ogni caso.
Nei prossimi giorni occorrerà versare dell’olio nel foro della pietra. Quando scappare? Non sono sorvegliato, gli accessi alle mura saranno sicuramente molti per difendersi dall’assedio, giusto una corda per calarmi giù…potrà procurarla Meridia? Cales e’ sulla via Latina, conosco i boschi intorno dalle scorte fatte agli approvvigionamenti, raggiungerei facilmente Capua.
Oppure potrei rimanere qui, subire ancora gli oltraggi, le nerbate, sopportare la fame per essere di aiuto durante l’assedio ormai prossimo…
Stanno passando i mesi invernali, arriveranno i nuovi consoli, anche se vi fossero problemi con i Sanniti Roma non trascurerà di punire Cales, l’inflessibile senato invierà uno dei consoli a sottomettere gli Ausoni.

“Tu, sempre a fare la puttana del romano!”. E così la uccide, senza alcun moto d’animo, con una lenta indifferenza, gesto di cui non dovrà rendere conto, per un’insignificante schiava lucana. Poi stancamente, come pentito di essersi procurato un lavoro sgradevole, con forti colpi di spada le tronca gli arti e la testa per  poterla buttare più facilmente oltre la soglia della grotta.

“Ecco, ora la tua meretrice finirà ad ingrassare i cani”
“Già, gli stessi cani che mangerete quando le legioni metteranno l’assedio!”
“Allora vorrai mangiarne anche tu di quei cani…” mi risponde pensoso, valutando il mio insulto come una fondata previsione.
Anche la mia famiglia ha i suoi schiavi a Roma e nel podere di Fregellae, anche per mio padre e per me é spesso necessario punire gli schiavi; non arriviamo ad ucciderli; quando diventano intrattabili, violenti cerchiamo di venderli….finiscono sempre per valere qualcosa.
Meridia no, non valeva più niente per il soldato ausone, malinconicamente presago del destino di Cales.
Il fantasioso Baculio non resiste all’opportunità di informarmi che il grande esercito federato dei Sidicini e degli Ausoni e’ pronto alla battaglia contro le legioni romane. Sento l’agitazione della raccolta dei soldati, il clamore degli incoraggiamenti, l’esaltazione febbrile e subisco il sarcasmo di chi ha un motivo in più per passare a tirarmi calci; ma dura una sola mattina, a cui segue un trambusto nervoso, imprecazioni ed ordini urlati di proteggere e rinforzare le mura; la loro armata é stata evidentemente sconfitta, i superstiti devono essersi rifugiati nella città.
Dimenticano di frustarmi (ma anche di portarmi il pane). Agitazione, rumori di sassi accumulati sotto le mura, facce tese dalla preoccupazione: é primavera, le legioni avranno tutto il tempo per distruggere Cales, ma si potrebbe fare più in fretta. Questa città va presa, ho troppe cose in sospeso nell’animo; e va presa con la mia opera, senza che Roma sprechi troppo tempo o la vita dei suoi soldati; voglio dei meriti nella conquista di Cales, in senato avrò un favore da chiedere.
Sono di nuovo ubriachi, festeggiano le loro ricorrenze nonostante l’assedio, evidentemente ritengono l’invocazione ai loro Dei più efficace dello scendere in battaglia. E’ il momento, tendo la catena, adesso anche se scorre lentamente il movimento estrae il perno dal muro; anche il chiodo attraversa il foro unto del masso, avvolgo la catena fra l’ascella e la spalla, oltre il collo;le strade sono frequentate ma la mia andatura incerta mi confonde con gli ubriachi,le tenebre della sera mi rendono sicuro; trovo la corda nascosta dalla fiduciosa Meridia, é dove mi aveva indicato, scalo una montagna di sassi e raggiungo la sommità delle mura in un punto non sorvegliato, forse perché non vi arrivano i camminamenti con i gradini. Trovo un comodo appiglio per la corda, mi calo giù.

Mi è facile farmi riconoscere dalle sentinelle e vengo condotto dal console Marco Valerio Corvo:
” Bene, Marco Fabio, tuo padre Caio mi ha raccomandato con insistenza di cercarti e portarti in salvo, ed ecco che sei tu a venire da me!”.
“Spero che mio padre non ti abbia recato noia, console, in dispregio alla mia capacità di difendermi e fuggire”.
“Idcirco, Marce Fabi, per quale motivo non sei riuscito a fuggire prima? Nunc ceu legioni castra posuerunt, ibi estis! In tergis luporum morsi timebas? Ma non perdiamo altro tempo: conduci con te il centurione Lucio con gli astati e portali sotto le mura, dove hai lasciato la corda ancora appesa ai merli … avrai pure usato una corda per calarti… “.
Così non ho bisogno di dare troppe spiegazioni … non é il primo imbecille che passa dal foro che il senato di Roma sceglie come console…non sempre almeno. Conduco il centurione ed i manipoli di astati sotto le mura; a poca distanza attende un’intera centuria di legionari; in quattro uno dopo l’altro gli astati risalgono la fune. Arrivati in cima srotolano delle scale di corda, i legionari salgono, troveranno i difensori ubriachi ed in disordine…l’assedio e’ finito!
A Roma viene concesso il trionfo a Marco Valerio Corvo, più in considerazione dell’ingente bottino riportato da Cales che per la difficoltà dell’assedio; la plebe preme perché nella città degli Ausoni sia stabilita una colonia, quindi al senato si nominano i triumviri che dovranno assegnare le terre ed amministrare la giustizia di Roma a  Cales sconfitta. Ho sollecitato tutte le relazioni di amicizia e parentela di mio padre, ho tediato i senatori perché ignorassero la mia giovane età, ma ci sono riuscito: saro’ uno dei triumvirii che regoleranno l’assoggettamento a Roma dei rozzi Ausoni…ho troppe cose in sospeso nell’animo.


n.d.a.: Marco Fabio e’ esistito; Tito Livio, ab urbe condita liber VIII, accenna alla sua evasione avvenuta durante l’assedio e risultata risolutiva per la guerra agli Ausoni, così come al suo ritorno (vendicatore?) a Cales come triumviro per la distribuzione delle terre espropriate; mi é piaciuto supporre che avesse atteso stoicamente il momento strategicamente migliore per evadere, ho cercato altre fonti, non le ho trovate e comunque é stato più facile immaginare la storia che, però, potrebbe anche essersi svolta nella maniera che ho narrato…

Nicola Lembo