Il record, ufficioso, a cui si fa riferimento é quello relativo alle performances musicali minimaliste; caratteristica di questa filosofia musicale é di procedere per variazioni minime, a volte impercettibili, anche se il più delle volte non ci si discosta molto dal punto di partenza (come succede a Steve Reich e Terry Riley) o si rimane addirittura fermi (é il caso di La Monte Young).
Il parametro del record é la durata della performance: il pretendente al titolo in aeternum é il citato La Monte Young, autore del “Theatre of eternal music” (appunto) e della “Dream house” la quale ultima, alla galleria di Harrison Street a New York, durò ininterrottamente per sei anni, dal 1979 al 1985.
Il mistico newyorkese però lo metterei fuori concorso perché, più che muoversi per scarti minimi, le sue opere sono letteralmente ferme: sono sufficienti due minuti di ascolto per aver apprezzato appieno la creazione estetica. Dream house e The Tortoise His Dreams And Journeys sono reperibili su vinile: le note di copertina avvertono che il mezzo fisico consente solo 30 minuti di ascolto, ma terminata la facciata si può rimettere indietro la puntina del giradischi, ad libitum…in realta', un continuum statico di frequenze elettroniche oppure le stesse frequenze elettroniche con in piu' note lunghissime e fisse di tromba e trombone, con l’aggiunta, nel secondo caso, di vocalizzi indiani altrettanto fissi e statici, dopo due minuti portano al serio rischio di rigare il disco con un cacciavite.
Perché una cosa é il concetto teorico, ben altra la resa estetica: la teoria può meritare inchiostro, ma non carta pentagrammata. E’ un pò come i klavierstucke di Stockausen, un banale campionario di durate, pause, modi di attacco e di sostenimento del suono (l’autore si vanta di aver trovato non ricorda più neanche lui quanti nuovi modi di attacco del suono al pianoforte): bene, bravo, pero' vai ad insegnare a suonare il pianoforte, lascia stare la composizione!
Ecco quindi che il record mondiale categoria minimalismo lo assegno ai Flaming Lips; non si tratta di compositori concettualmente minimalisti, se non nella misura in cui tutta la musica rock è minimalista, fin dallo schema armonico del blues (a-b-a-b-c-b-a).
Specificamente i Flaming Lips hanno composto “I’ve found a star on the ground” della durata di SEI ORE.
Non é la prima volta che questi ragazzi dell’Oklahoma stupiscono; fa parte della loro piccola leggenda il fatto che hanno cominciato a suonare con strumenti rubati in una chiesa, ma si sono fatti notare subito per virtù più nobili. Spiegare il loro suono non é semplice: possono accontentare i nostalgici dei primi Pink Floyd (nessun altro merita di essere definito l’erede di Syd Barret se non il loro fondatore Wayne Coyne), ma potrebbero disturbare i fedeli dei Pink Floyd più tardi con le componenti meno ortodosse della loro musica, per le quali non é esagerato scomodare Frank Zappa, così come sono organici al periodo di fine ’80 in cui hanno iniziato con i rumorosi Jesus and Mary Chain,My Bloody Valentine, Butthole Surfers.
Una loro precedente eccentricità é stata la pubblicazione di Zaireeka, incisa su quattro differenti cd da far suonare contemporaneamente…praticamente impossibile da ascoltare (ed usciva per Warner Bros, non per produzioni da cantina). I’ve found a star on the ground, uscito nel 2011 e disponibile solo tramite download invece si fa ascoltare eccome: l’unica difficoltà é trovare sei ore di tempo, ma il suo ascolto altera la percezione temporale, non si avverte la durata del brano, i minuti scorrono sorprendentemente a decine e poi a centinaia (esperienza curiosa se si ascolta in viaggio). La costruzione del brano non é data semplicemente da una dilatazione degli elementi che normalmente farebbero parte di un album di 40 minuti, frazionarlo in 36 pezzi di 10 minuti non avrebbe alcun senso; vi sono numerosi temi, non numerosissimi, ma si rimane coinvolti dagli scarti minimi, epici, lenti ma adagiati su un tappeto ritmico con una vivacissima cangiante ricca batucada.
La differenza con le opere classiche del minimalismo e' proprio qui: mentre con l’ascesi di La Monte Young si rimane fermi in mistica contemplazione e con Terry Riley e Steve Reich in 30 minuti si compie un bellissimo viaggio di 15 metri, con I’ve found a star on the ground nei 60 minuti (percepiti) ho percorso 600 chilometri.
Nicola Lembo