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mercoledì 23 dicembre 2009

Vedi di non farmi incazzare!

Cap 1  -  Vedi di non farmi incazzare.

C’è una panchina in pietra, fredda, ma se accomodo il cappotto ci posso stare; una stanchezza…e dover raggiungere Roma…preferisco il treno, non è ancora abbastanza tardi e con l’auto troverei troppo traffico. Non vorrei proprio incazzarmi per motivi banali; farò la mia parte più tardi, arrivato a Roma, per ora sono stanco, annoiato ma calmo.
Neanche dieci persone ad aspettare il treno in questa serata d’inverno, non fredda ma triste, almeno sotto questi lampioni troppo alti per fare una buona luce; mi sforzo lo stesso di leggere nell’attesa che passi il treno…che dovrebbe essere già qui…infatti è da venti minuti che sarebbe dovuto passare: un pò di ritardo ce lo si aspetta, ma comincia ad essere troppo e non ho sentito alcun annuncio…poter almeno sapere quanto ancora devo aspettare…
Mi alzo e raggiungo l’unico ufficio illuminato che si vede dal marciapiede; massima calma, non vorrei proprio incazzarmi; busso, apro, saluto i tre scimmioni da panino alla porchetta:
- “Scusatemi, sapete dirmi che ritardo porta il treno per Roma?”
- “Cinquanta minuti porta, cinquanta” mi risponde divertito l’evidente capintesta
- “Non mi é sembrato di sentirlo dagli annunci; a saperlo avrei continuato in macchina…”
- “Non ha senso annunciare il ritardo del prossimo treno, visto che anche il precedente era in ritardo: abbiamo annunciato quello! Se ritarda il primo anche gli altri slittano…”

Il mio equilibrio logico vacilla, ma provo a capire:
- “Dunque, se devo partire alle sette di sera mi conviene venire in stazione alle sette di mattina per vedere come butta…poi prima di ogni partenza nella giornata mi conviene affacciarmi a vedere se si sono creati intoppi…che idiota…”
- “Come hai detto???”
- “Hai capito benissimo”.
Torno alla mia panchina, tanto arriverei in ritardo anche con la macchina. La straniante sera in riva ai binari si é movimentata: una coppia di adulti, nuovi arrivati, sta imbastendo una lite da innamoratini…avverto una pesantezza allo stomaco…Chino la testa sul libro e cerco di non ascoltare, ma i due passeri si impongono col loro vociare; mi rassegno a seguire la conversazione e li osservo; lui é un quarantenne nero pittato, dai capelli alle scarpe, passando per un cappotto nuovissimo e costoso.
Una figurina energica che dal suo scarso metro e settanta emana una forte aggressività rivolta, per ora almeno, alla ragazza, ma l’impressione é che la sua violenza gestuale debba tracimare presto per investire tutto il pubblico. Tiene stretta per i polsi la ragazza, che avrà almeno dieci anni di meno, ha una discreta eleganza da festa parrocchiale ed un’espressione di sofferenza spropositata per la semplice stretta ai polsi. Tutta la scena soffre di questo contrasto: gli atteggiamenti, di aggressività dell’uno e di patimento dell’altra, sarebbero più indicati per un’afflizione di maggiore violenza, oppure é solo un addensarsi di nubi…
La mia curiosità si esaurisce e torno alla scrittura sbiadita sulla pagina, ma i teatranti hanno bisogno di pubblico:
- “Lasciami, voglio andarmene, chiamo aiuto!”
- “E chi dovrebbe aiutarti, qualcuno di questi quattro fessi?”
Dovrei fregarmene, continuare a leggere o andarmene. Sento attorno lo stesso disagio, ma rimango sorpreso nel rendermi conto che lo sapevo, avrebbero coinvolto gli altri nella loro lite…forse litigano apposta per trovare bersagli esterni.
Allora li guardo, non perché mi senta provocato; il loro giochino mi annoia, ma mi incuriosisce vedere se si aspettano delle reazioni.
Il grillo schizzato infatti si guarda attorno e non si fa scappare l’occasione che gli ho dato:
- “Tu! Che cazzo guardi!”
- “NO. TU PERCHE' CAZZO TI IMPICCI A CONTROLLARE DOVE CAZZO GUARDO!”
Tenta per un paio di secondi di rigiocare la palla, poi resetta:
- “Allora, perché non ti fai i cazzi tuoi!”
- “Signore, non vuole lasciarmi andare…”
- “Zitta,stronza! Mi occupo dopo di te. Adesso mi lavoro l’eroe del giorno”
Già mi vedo a rotolarmi nelle pozzanghere avvoltolato a mister cappotto 600 euro…che cazzo…
Apro il cappotto, rigiro il lato sinistro ed estraggo giusto il calcio della pistola:
- “Vedi di non farmi incazzare”
- “Ah, così eh?”
- “Così, già”.
- “Due minuti che arrivo alla macchina!”
- “No. Tu non ci arrivi alla macchina. Muori prima”.
- “Signore, non volevo…voglio solo andare via…”
- “Adesso vuoi andare via, in realtà non avresti mai dovuto uscire con la scimmietta nervosa, stasera…e non dovresti uscirci mai.
 Il tuo posto è con i compagnucci della parrocchietta a scambiarti santini; ma ti piace il bullo; ti piace quando fa il prepotente al bar, ti senti forte anche tu. Ti compiaci delle sue sbruffonate da duro, ma non arrivi a capire che di tutte le vittime che riuscirai ad angariare tu sarai sempre la prima e la più sottomessa: fino a quando il babbuino perderà i denti; allora rimarrai l’unica vittima commestibile e ne avrai di che piangere. E adesso fuori dalle palle col vostro teatrino, vedete di non farmi incazzare”.



Cap 7  -  Cena e dopocena
-“Gigi’, ma pomodoro ce ne metti?”
-“Per niente, Enzo. Coprirebbe il sapore delle vongole”.
-“Neanche uno per colore?”
-“Per niente, ti dico. Assorbe olio. Ne basta uno per ridurre la capacità di ungere la pasta e costringere a ricorrere ad una quantità di olio molto maggiore, oppure ad una maggiore quantità di pomodoro, ed il sugo diverrebbe un’altra cosa”.
-“E sarebbe meglio…”
-“Sarebbe diverso. Invece una base acquosa, come il brodo di verdure, si emulsiona con l’olio, non lo cattura come fanno le fibre del pomodoro, lo lascia disponibile per condire la pasta: la cucina é combinazione e trasformazione di sostanze organiche. Conosco la chimica e per questo cucino meglio di voi”.
-“Ah ah ah! Mi vengono in mente certe cotolette…e la carbonizzazione che processo chimico é?”
-”E’ la fanculo-destinazione, e succede quando mi scordo la roba sui fornelli”.
-“E ti succede spesso…”
-“Succede”.

-“Rollo, a Zagarolo hanno messo il tabellone elettronico per i ritardi!”
-“L’ho visto…”
-“Cos’é, l’ultim’ora del telegiornale?”
-“Non é uscito sui giornali, ma é tutto merito di Rollo”.
-“Il Rollo in versione utilità sociale! Non ti ci vedo a promuovere petizioni…”
-“Dev’essere stato il capostazione”.
-“E tu allora che centri, Rollo?”
-“…Ho preso il treno, una sera…”
-“Ed hai rivoluzionato l’organizzazione delle ferrovie!”
-“Effetto secondario…ma non é stata la cazzata più strana quella sera…”
-“Ma che ci venivi a fare a Roma?”
-“…A parlare per un lavoro”.
-Il colloquio dev’essere andato male!”
-“Ah ah ah! E con chi sarebbe stato il colloquio, con la UUnlimited CChemical PProdigy?”
-“Con la UUh CChe PPalle! Me lo trovo un regolare lavoro da servo, prima o poi”.
-“Ma pure uno precario”.
-“A spizzichi e bocconi”.
-“A basta che paghino”.
-“Appunto, é lì che non combiniamo”.
-“Perchè fai il paragone con quello che alzi in una sola sera, ma non é la stessa cosa”.
-“Prima o poi ti capita la cazzata; tirati fuori”.
-“Come se l’avessi fatto, Gigi’”
-…Vabbè, colapasta!”

-"C'e' il Papa!”
-"Rollo, nel tuo stato capita di vedere la Madonna, qualche santo, se vedi “soltanto” il Papa, allora non era roba buona”.
-"In tv… parla contro il lusso…”
-"Il Papa non dovrebbe ostentare ricchezza, ma neanche ha tanto senso un simbolico pauperismo; com’é semplicistico criticare le ricchezze della chiesa, invitarla a vendere tutto e donare ai poveri: e quando i calici d’oro saranno finiti?”
-"intanto potrebbero uscire dalle s.p.a. delle fabbriche di armi”.
-"Minimo”.
-"Ma non mi riferivo a quello, che é riprovevole già per gli stessi precetti cattolici; é che non trovo inutili le chiese, i monumenti, le opere d’arte: certo la Chiesa ha speso grosse somme per edifici, statue, affreschi; ma tralascia pure il valore artistico, che già compenserebbe ogni singola giornata pagata ad ogni muratore o maestro (e comunque non immagino salari favolosi) e calcola quanto hanno reso con il turismo, o quanto varranno nei prossimi secoli, quando le nostre città, escluse da ogni circuito produttivo, avranno un pregio relativo solo alla loro capacità di trasformarsi in musei”.
-“Anche i comuni hanno finanziato opere notevoli”.
-"Ma nessuno ne fa una colpa ai Medici o ai dogi”.
-Si possono prevedere somme enormi se le calcoli in tempi così lunghi; si può valutarlo come uno dei più grandi affari economici della storia, ed é stato generato come effetto secondario di un investimento culturale!”
-"Pensa come sarebbe Roma senza il mecenatismo rinascimentale della Chiesa…”
“-Pensa come sarebbe Roma se non avessero calcinato i marmi imperiali per fabbricare cemento per le chiese”.
-"Grave perdita, ma nel cinquecento si ammirava solo l’arte contemporanea perché aveva un valore concettuale, simbolico e religioso, legato al momento storico presente. In un mondo pressoché analfabeta l’arte figurativa aveva un ruolo dottrinale insostituibile: grazie alla fede, dipinti e bassorilievi erano visti come rappresentazioni di avvenimenti indubitabilmente reali”.
-“Con grande confusione fra realtà e rappresentazione”.
-“Come quando uccisero Sadat: degli egiziani che guardavano le immagini registrate per la seconda, terza volta, urlavano al televisore che Sadat fuggisse da lì, che stava per essere ammazzato”.
-“Adesso invece apprezziamo l’arte dei secoli scorsi, non solo per considerazioni estetiche, che se parliamo del rinascimento pure basterebbero, ma anche perché abbiamo il tempo per ricostruire i riferimenti culturali e storici”.
-“Ci dedichiamo all’arte perché ne abbiamo il tempo…”
-“Certo; finché devi stare dal tramonto all’alba a zappare la terra non ti passa granché per la testa di girare per musei”.
-“Tutto merito del trattore quindi”.
-“Il trattore come fattore di progresso culturale?”
-“Nella misura in cui le braccia espulse dall’agricoltura hanno generato eserciti di storici, archeologi, scrittori”.
-“E la misura della persecuzione di questa giornata? Versa, che va a finire…la giornata, non il vino”.
-“Enzo, ti senti perseguitato?
-“…solo dalla stupidità e dalla maleducazione”.
-“Sarei indulgente con gli stupidi”.
-“Sono INTOLLERANTE alla stupidità, mi turba più della cattiveria; una persona maligna la riconosci, ti puoi difendere, la puoi tenere lontana, invece dalla stupidità non c’é difesa; lo stupido può anche essere un tuo buon amico: entra nelle tue faccende, si interessa, si propone di aiutarti e ti fa danno”.
-“Danniamo pure i maleducati?”
-“Non detesto TUTTE le persone maleducate”.
-“Tolleri per simpatia, per amicizia…”
“Non tanto; a volte tollero chi é maleducato sempre. E’ un comportamento sgradevole comunque, ma é maleducato con te, con i suoi familiari, con il vigile che lo ferma e prende la multa, quindi é un maleducato che paga dazio per il suo carattere; invece c’é chi é maleducato a seconda delle circostanze e delle persone che ha di fronte”.
“Nessuno fa il maleducato con me”.
“Infatti: tu Rollo mostri la tua aggressività anche se non apri bocca; aspetta di diventare vecchio, ma per ora nessuno ti manda a fanculo nel traffico”.

-“Bene, c’é un bar tabacchi dove capito a volte; c’é questo curioso tizio che sarebbe fuori posto anche su un pullman di pellegrini, pochi capelli marrone leccati in testa, maglioncini a vu a quadri, stortigno…ogni volta che entro mi scappa il “buongiorno…”
-“Quando ti svegli presto…”
-“Capita. Non risponde mai ed ogni volta mi ripropongo di non salutare più….ma poi sovrappensiero ci casco sempre; getta lì sul banco le sigarette come se fossero merda e guarda a significare: “che non ti sta bene?”
-“L’hai urtato in qualche modo?”
-“No, mai scambiato una parola; vorrei almeno una volta fissarlo cattivo e tirargli i soldi sul banco…”
-“Come se fossero merda”.
-“Esatto. Sono sicuro che il suo atteggiamento cambierebbe”.
-Ma due ceffoni no?”
-“Lo sai che non è nel mio carattere”.
ESTERNO 6: IL BAR DEL MALEDUCATO
Nel cortile laterale é abbastanza buio, alla finestrella ci arrivo facilmente…bar di merda, non mi aspetto certo un antifurto.
Le mensole di vetro alle spalle del banco però sono spettacolari, lunghe e colme di bottiglie, fissate ad una parete a specchio.
I tempi sono importanti, i collegamenti devono essere tesi e precisi…quattro mensole una sull’altra, però abbondantemente sfalsate…perfetto…poi venti centimetri ed altre quattro mensole simmetriche alle prime…cazzo, ci saranno un centinaio di bottiglie…serviranno due capi di lenza diversi perché la cosa abbia un certo ritmo…no, un ritmo preciso…PERFETTO!
Due ceffoni? Non fa parte del mio carattere…ma neanche questo farebbe parte del mio carattere..però sono qui, anche se la sensazione é di non esserci…come se non fossi il bravo fesso impacciato che questo cesso sberleffa tutte le volte…non sono lo stesso bravo fesso, quando sono “io” ad uscire di casa sono un’altro…sono PERFETTO!
E quindi eccomi; mi capita anche di alzarmi presto la mattina, Gigi’; tu é meglio se non mi vedi così, ma forse non mi riconosceresti.
Anche questo scemo sembra non riconoscermi o forse non si capacita…niente camice da due soldi, jeans anonimi…anonimo non sono proprio: giacca scura (capo firmato…), camicia a righine sottilissime di due diverse tonalità di blu, pettinatura fresca di parrucchiere; lo specchio dietro al banco affollato mi riflette un gradevole e divertente sguardo sulfureo…bene, così vado bene, sono PERFETTO.
Però adesso devo spostarmi sul lato destro, dove ho nascosto i tratti di lenza con i piccoli cappi, ci sono ancora, bene in tensione, controllo che non si vedano sotto le mensole, confido che a quest’ora della mattina ancora nessuno abbia chiesto liquori.
-“Caffé. Lungo”.
Si affretta, ma non riesce a guardare la macchina mentre muove le manopole, può solo guardarmi a bocca semi aperta, non si capacita che sia io, penso che in fondo non creda che sia io…fai bene, scemo, non sono “io”.
Devo svegliarlo, deve godersi lo spettacolo:
Due dita in alto, “snap-snap!” e quindi gli indico con due rotazioni del pollice le mensole alle sue spalle…primo cappio, lentamente, oscilla la base della bottiglia più lontana, sulla mensola più in alto…e casca! Seguono le altre, ordinatamente, in successione regolare, con ritmo preciso; in mente mi viene il ritmo di Worry (preòccupati…) e con la sinistra libera prendo a dirigere l’orchestra!
La testa del fesso ruota incredula dalle mensole alla mia mano, che si libra nell’aria al ritmo dei Free, anche se lui ode solo il fracasso delle bottiglie che si frantumano al suolo…ma il ritmo c’è, preciso; anche nel delicato momento in cui l’ultima bottiglia crolla sulla sporgenza della mensola sottostante…la quale si solleva nell’urto ed inclina tutte le bottiglie del ripiano…ad effetto domino: ognuna cerca il limpido cozzo con quella che segue, ed all’affondo imperioso del mio braccio direttoriale, con grande precisione, la scarica fragorosa investe la terza mensola, ed al successivo affondo anche la quarta cede.
Ora, presto, mentre contempla l’avverarsi del suo peggiore incubo (“ma reggeranno, mastro Beppe?” “Reggeranno, dotto’, reggeranno fino alla fine dei tempi”) via al secondo round, mano al cappio!
Spettacolo finito…facce incredule e divertite, a qualcuno sta per scappare l’applauso, anche se non possono capire così presto come ho fatto…solo quando raccoglieranno i cocci…
-“Buona giornata!”
Buona giornata? Tutto qui? E che altro avrei dovuto dirgli…PERFETTO!
Certo che quel fesso che ho lasciato a casa farebbe bene a non venirci più qui, non vorrei che si facesse male.

Cap 23   Mi stai chiedendo se scoperei un'ameba?
…finalmente il contanumeri chiama il mio turno; una sola impiegata agli sportelli, ogni volta diversa; dicono che vengono spostati alla bisogna nelle varie sedi, tutte ormai con il personale ridotto al di sotto di qualsiasi sufficienza funzionale.

-“Devo riscuotere questo assegno. E’ stato emesso dalla vostra filiale”.
Vaga espressione di indecisione…mi chiedo rapidamente se per errore non ho pronunciato un arruffato invito a cena con implicita scopatina ammazzacaffè.
- “Al momento non ho contanti in cassa…”
- “Pazienza, aspetto; non posso versarlo nella mia banca, ho il conto in Puglia”
- “Ma…è anche che non la conosciamo…servirebbero due documenti”
- “Non é un problema. Ecco patente e carta di identità; e sono già censito, è quasi un anno che vengo ogni mese a riscuotere”
- “ma non sono possibili movimenti contanti sopra i mille euro!”
- “Infatti vengo pagato con un assegno, non in contanti!”
- “…non credo di essere autorizzata a pagare…”
- “si faccia autorizzare allora!”
- “Posso farla parlare con il direttore…”
- “Bene, so qual’é l’ufficio, non si incomodi”.
Ma é anche peggio, visto che il nobile capintesta non vuole contraddire l’impiegata:
- “Esistono diverse sentenze della corte costituzionale che riconoscono che non siamo obbligati a pagare gli assegni: eccole!”
E raccoglie a caso dalla caotica scrivania faldoni di centinaia di fogli.Potrebbe bastare, ma il suo accomodare il culo alla forma della poltrona rivela il gusto per una polemica che ritiene di poter solo vincere:
- “E come mai non lo versa nella sua banca?”
- “Perchè é in Puglia la mia banca, non conto di tornarvi presto”.
- “Vede, noi pagando un assegno compiamo un atto di fiducia…”
E, sardonico ed ammiccante come chi spara la cartuccia vincente:
- “lei come mai non ha la fiducia della sua banca?”
E con questo mi dimostra che neanche ascolta; lui dispensa saggezza e certezze, cosa gli vuoi suggerire con le tue rimostranze… capisco che é inutile, ma continuo per inerzia a spiegarmi:
- “Non sono passato dalla mia banca, é in Puglia che ho il conto! Qui ho questo assegno, emesso dalla vostra filiale: sto chiedendo dei soldi che sono già miei! Non ha senso che mi rechi in Puglia per riscuotere”.
- “Quindi vuole riscuotere perché le servono adesso i soldi?”
- “Già, ci siamo appena liberati della confessione in chiesa e ci tocca confessarci in banca…”
Nel frattempo si affaccia alla porta un altro cliente che il direttore riconosce e, col pretesto di salutarlo, si alza e si avvicina, ergendosi col suo fisico da palestra in pausa pranzo e di fatto congedandomi. A questo punto posso solo dargli una ginocchiata nei coglioni, e la tentazione é fortissima, oppure andarmene…
- “Ecco il motivo della faccia nera di Giggin’!”
- “Già, dopo la mia fruttuosa mattinata in banca, Enzo…”
- “E la ginocchiata nei coglioni?”
- “Naturalmente ho preferito andarmene, Rollo. La mia stirpe ha una lunga tradizione di prudenza e basso profilo, per quanto mi rimane dei ricordi e dei racconti familiari; é un’eredità che ti porti appresso, come nelle scelte a cui fatalmente arrivi: cominci col non esporti per non rischiare e pian piano ti convinci di non essere all’altezza, di non essere capace…
Ma non é un atteggiamento che mi sento di condannare del tutto; mettiamo che sia una scelta comportamentale atavica, é una tattica che si é mostrata vincente; in fondo: la mia stirpe é arrivata a me, per costruirmi la vita, attraversando, necessariamente senza interruzioni, migliaia… milioni di anni senza che il filo si interrompesse; dai protozoi ad oggi c’é stata una linea di discendenza che mi ha generato ed é stata fatta da organismi che sono SEMPRE riusciti a riprodursi prima di morire”.
- “Quindi dopo due milioni di anni tu, Giggi’ sei il primo che va avanti a seghe: tutti i tuoi progenitori, persino i protozoi, hanno tutti scopato!”
- “Raramente i protozoi scopano; in genere si riproducono per scissione, ricorrono ad un comportamento sessuale solo di tanto in tanto, per garantire la variabilità genetica”.
- “Quindi tu, singolo degenere individuo, sei riuscito a far regredire la tua stirpe con un salto di milioni di anni…”
- “Allo stadio di protozoo, ho capito, però non oso scindermi”.
- “Scissione…nessuna variazione genetica…anche il sistema nervoso si scinde: la duplicazione dei neuroni comporterebbe la copiatura del loro assetto chimico? Verrebbe duplicata anche la registrazione chimica delle esperienze? Perchè se al nuovo individuo si trasferiscono le cognizioni del genitore, i suoi ricordi, ed esperienze, emozioni…é la strada dell’immortalità”.
- “Non credo che funzionerebbe, ma se impari a scinderti, non scopi più!”
- “Eh cazzo, Enzo, ma scopa quanto vuoi!”
- “Si, fammelo immaginare…un’ameba, un materiale morbido ed elastico che ti avvolge da tutte le parti, copre scivolando ogni centimetro della tua pelle, entra in tutte le pieghe ed anfratti…”
- “ANFRATTI!!!”
- “Per evitare termini volgari…forma ogni tipo di rientranza di misura perfetta…compone movimenti che chiudono ed aspirano…”
- “Rollo, trovi sensuale qualsiasi organismo vivente…”
- “Dici che mi scoperei anche un’ameba, Giggi’? Mmmm…si, credo che lo farei…”
- “Ma il meccanismo di riproduzione è relativo: se non hai figli, per milioni di anni una intera linea di discendenza di protozoi ha combattuto guerre chimiche con enzimi per sciogliere i nemici; dopo chissà quante migliaia di generazioni i tuoi antenati mammiferi si sono nascosti nel cavo degli alberi per sopravvivere ai grandi rettili. Pensa a quante volte un autentico miracolo ha consentito a queste specie di topolini che ti hanno generato di sfuggire a zanne ed artigli, ad alluvioni e frane, tutto per portare attraverso i millenni uno schizzetto di dna che ti desse la vita…se solo una volta un accidente qualsiasi avesse colpito uno qualunque dei milioni di esseri che hanno formato la tua linea di discendenza, la catena si sarebbe spezzata a quel punto…milioni di anni in cui milioni di individui uno appresso all’altro hanno avuto un culo pazzesco, le hanno scampate tutte, almeno fino al momento in cui hanno procreato…dopo di che, anche un solo minuto dopo, addio, mon cher, non servi più…sassi casualmente piovuti dalle rupi, frecce di nemici che finalmente trovano il loro bersaglio…”
- “Cavallette…”
- “Pure le cavallette, certo, ed é così per ogni individuo attualmente presente sul pianeta”.
- “Quindi se non ho figli ho sprecato un’odissea immane…”
- “Santa madonna prigioniera…ma non ci si può chiamare fuori da questa CAZZATA immane?”
- “E’ una bella responsabilità…tu da solo decidi di interrompere una linea di discendenza che ha contato milioni di esseri viventi, e comunque centinaia di migliaia di mammiferi e poi migliaia di esseri umani, che sembra essere esistita solo per metterti in piedi”.
- “Quindi, se sopravvive una stirpe prudente, o pavida, remissiva, sottomessa…”
- “Non esageri?”
- “Non parlo necessariamente di me. Se sopravvivono stirpi che comunemente vengono definite “perdenti”…può significare che perdenti non lo sono affatto”.
- “E’ chiaro che la paura favorisce la prudenza e quindi é un fattore utilissimo per la sopravvivenza”.
- “Ma allora perchè comportamenti vili come nascondersi, scappare, che pure risultano vincenti nella scala evolutiva, ci lasciano frustrati, pieni di sensi di colpa e vogliosi di clamorose rivincite?
Ma poi in realtà non ci si adatta facilmente ad un ruolo sottomesso, ad atteggiamenti remissivi… é più probabile che periodicamente qualcuno paghi per gli affronti che non abbiamo saputo respingere;
chi? In genere qualche individuo più debole, qualcuno che magari ci si affida con fiducia e che si rassegna a subirci; succede che abbozzi davanti all’entusiasmo amministrativo del direttore e torni a casa in apnea; lì dipende poi se aperta la porta trovi tuo figlio o tua moglie o il cane.

Io invece di questo posso essere orgoglioso: per le mie compensazioni emotive vado a cercarmi qualche maleducato da punire.
Enzo e Rollo non sanno che gli ho raccontato la mezza messa. Uscito dalla banca, in strada, mantengo la mia calma abituale; continuo a pensare di aver fatto la cosa migliore a lasciar perdere; poi pian piano un po’ di ottusa rabbia comincia a confondermi, prima lentamente, poi sempre più in fretta mi sento trasfigurare; so come andrà a finire ma non riesco a lenire la tensione che mi avvolge.Soffro di una mancanza di controllo da ubriaco.
E’ curioso come l’alcool appaia uno stimolante, invece deprime il mesencefalo, questo arcano e primigenio strumento castratorio di parole ed azioni (non di pensieri) regolato da considerazioni di opportunità sociale e prudenza fisica che ci riduce all’introspezione rosica-fegato ma ci impedisce anche di dar campo senza mediazioni a tutte le cazzate che ci parrebbe opportuno fare e dire.
E’ come se il mio orgoglio soffra delle offese patite fino a ricavarne uno stato depressivo che sul sistema nervoso centrale causa quell’apatia malinconica in cui ci si adagia quasi con voluttà: nel mio caso (patologico?) invece prevale questa depressione mesencefalica con la conseguente tracimazione di emozioni e comportamenti passionali non mediati più da alcun filtro… ed a volte son cazzi.Mi allontano più in fretta possibile dalla banca, dove evidentemente al momento di denunciare un’aggressione al caro direttore si accorgerebbero senza dubbio di conoscermi e si scoprirebbero in grado di fornire nome, cognome ed anche indirizzo, paese e pianeta di provenienza.
Per causare incidenti nel traffico è preferibile rubare una macchina grossa e nuova: i nemici pensano che gli darai comunque strada per non danneggiare un’auto costosa…anche se vi sono posti dove é regola che le precedenze agli incroci vengano risolte in base alla cilindrata, altri dove sembra opportuno individuare il clan di appartenenza del guidatore…
La via Flaminia si gode due carreggiate verso l’orrida Prima Porta; ad andatura spedita e nervosa percorro la metà sinistra della strada in attesa di una probabile invasione di corsia; l’attesa è breve; eleggo la mia vittima a causa del gesticolare furioso che gli vedo fare verso la donna seduta di fianco: non parla soltanto ma pontifica, esige, impone coi suoi pugni che ruotano brevemente in aria e poi calano improvvisi sullo sterzo. Lo seguo a meno di mezza macchina, attendo che raggiunga l’auto che lo precede; deve sorpassare, sono quasi affiancato e quindi non mi vede dallo specchietto…ecco che sorpassa e quasi mi finisce addosso: brevi colpetti di clacson, mi affaccio dal suo lato e con sulfureo sorriso mi poggio l’indice sotto l’occhio: il pugno alzato per ammonire la donna si volge dalla mia parte con l’immancabile “cazzo vuoi!” articolato dalla bocca aperta in un taglio sgradevole quasi quanto i baffi sottili e radi che il ghigno incazzato spinge verso il basso.
Dagli occhi mi si deve leggere una inaspettata soddisfazione o forse la sorpresa è vedere che il mio indice clicca lateralmente verso il bordo della strada, visto che la maschera truce lascia il posto ad una certa indecisione, ma non può tirarsi indietro: prova a fare la faccia neutra di chi non ha capito, ma il secondo richiamo del mio indice flesso non viene ignorato.Accosta, lo supero e mi fermo: fraintende il motivo della distanza che ho lasciato fra le due macchine; si erge, s’abbotta e muove entrambe le mani, con le dita a paletta verso l’alto: “vieni, vieni” significherebbe il gesto, fatto come a chi fa manovra per parcheggiare; anzi quando inserisco la retromarcia e parto viene verso di me, lasciando lo sportello aperto. Do un abbrivio dolce alla retromarcia, punto in linea retta verso lo sportello, quindi accelero e piallo le due fiancate con la esplosiva collisione degli specchietti ed il fracasso stagnoso dello sportello che si chiude.Il tizio assume improvvisamente un’espressione preoccupata e con una rapidità che comunque non deve sembrargli sufficiente raggiunge la maniglia e tira..bloccata!
E’ mio… procedo in avanti, lentamente, non voglio uno schiocco secco dei peroni, voglio fratture multiple scomposte e decomposizione eterna delle rotule; tale risultato è facile da ottenere, mi basta accostare la fiancata dalle lamiere già straziate e puntute, agli arti di quella che ormai senza scampo è la vittima della mia vendetta: ho l’impressione di ottenere la rotazione delle ginocchia, costrette dal movimento di sfregamento delle fiancate, mentre il bacino non può ruotare di conseguenza, a causa dello scarso spazio lasciato fra le due auto…Il risultato è il mucchietto informe lasciato sull’asfalto (niente che non possa guarire, tranne le ferite all’orgoglio: quelle sono mortali). Ma non ho finito: ora devo colpirlo dove fa più male…
Riattacco la retromarcia, questa volta imballo il motore, parto con la maggiore potenza che mi riesce e mi schianto sul muso della moritura scarrozzante; come era prevedibile, la distruzione del mio posteriore non pregiudica la marcia, ma la botta violenta ha raggiunto il motore e messo fuori squadra il telaio del prossimo abbonato atac.
Adesso potrebbe pure presentare il conto al direttore…

Cap 28  Vorrei solo un digestivo
Il televisore di fronte al banco del bar vomita l’abituale grumo di notizie estive:
“Clandestini: polemica della lega nei confronti del ministro Kyenge…”
La monotona consuetudine acustica del TG é variata dai commenti di due accigliati quarantenni appoggiati al banco:
- “Un ministro africano per occuparsi degli immigrati clandestini… come se un evasore fiscale lo mettessi a gestire le tasse!”
Enzo non trattiene un riso divertito:
- “Bell’autogol…”
-  “Se tutti i giorni veniamo vaccinati dalle fregnacce dei leghisti, non si sentirà vergogna più di niente”.
- “I leghisti, la prova dell’esistenza degli extraterrestri”.
- “Perché sono verdi? O perché ancora non ti spieghi Calderoli…”
- “Perché’ DEVONO esistere altre vite in altri mondi: se miliardi di anni di evoluzione rischiano di portare a Matteo Salvini o Borghezio, di tentativi il Creatore ne avrà fatti parecchi”.
Intanto il biascichio affianco a noi continua:
- “Italiani, quanno innagurate er cervello …ditemelo che ve compro ‘na pianta!”
Rollo ha una smorfia da acidità di stomaco:
- “Ti serve l’indirizzo per mandare la pianta”
- “Che dici?”
- “Ti dico che per mandarmi la pianta hai bisogno del mio indirizzo”.

(- “Rollo, guarda che non abbiamo tempo…”
-  “E che ce vo’…due minuti”).
- “Ecco un altro che dovrebbe portarseli a casa, i clandestini: vai a ritirarli a Lampedusa, te lo pago io il viaggio!”
Enzo sembra intervenire per togliere dalla discussione Rollo, ma il sorriso sghembo mi fa capire che conta di divertirsi:
- “E invece anch’io li butterei a mare tutti ‘sti negri che cercano solo assistenza e carità pubblica: in qualche anno risaneremmo il deficit se evitassimo di spendere per vestirli, nutrirli, curarli…
Non solo, andrei oltre: guadagno bene, pago un sacco di tasse e mi rode moltissimo mantenere cassintegrati, disoccupati, invalidi e pensionati”.
- “Enzo, da quando hai un conto in banca?”
- “Giggi’, la mia ricchezza é retorica. Voglio dire che serve al ragionamento. Quanto alla pecunia, lo sai che è poca e per giunta olet… ma dicevo, tagliamo alla radice questo scempio delle risorse pubbliche”.
E all’infastidito xenofobo:
- “Ci riusciamo se tuo padre molla la pensione che gli pago, che magari col suo lavoro ha fatto  l’evasore per tutta la vita; ci riusciamo se tuo zio paralitico molla pensione di invalidità ed accompagnamento e si acconcia sulla sedia a rotelle ad intrecciare canestri di vimini, così si riduce pure l’importazione dalla Cina;
se tuo fratello rinuncia alla cassa integrazione e se ne va a cogliere i pomodori, che adesso sono tutti africani i braccianti agricoli: così possono pure sbarcare, ma quando trovano già occupati i lavori di merda, sottopagati e da stroncatura fisica, se ne scappano in Francia in canoa.
Che altro? Eh, hai voglia ancora! Che tua nonna si decida a morire, così oltre a risparmiarci la pensione (tanto con la scusa che era casalinga non ha mai versato niente all’INPS) ci risparmiamo un malloppetto di soldi per medicine, ricoveri ospedalieri e visite specialistiche.
Visto che non ci sono più posti da ingegnere o medico, chiudiamo la scuola pubblica ed insegnate ai VOSTRI figli a zappare la terra, passato e futuro del vero lavoro in Italia. Chi può  pagherà la scuola privata ai propri figli; gli altri si imbarcassero sul primo transatlantico per il Venezuela per raggiungere gli avi bergamaschi o veneti (servizio a remi a 2 km dalle coste, prezzi esosi ma vuoi mettere che vi togliete dalle palle…)
COSI’ SI RISOLVE DAVVERO IL DEFICIT ECONOMICO!”
Un allibito, distinto, anziano signore si gonfia di imbarazzo ma non ce la fa a contenersi e così prorompe:
- “Quello che lei dice, signore, è francamente mostruoso! Non metta in dubbio l’utilità della scuola pubblica, della sanità, della previdenza sociale; si convinca anzi che il mantenimento dello stato sociale è il compito principale dello stato e di qualunque governo: in assenza di questa basilare forma di solidarietà umana è inutile anche parlare di stato, perchè avremmo solo le politiche economiche per le grosse imprese, le strategie per stimolare i consumi (a credito)…”
La faccia di Enzo si distende in un sorriso mentre allarga le braccia:
- “Ma carissimo amico mio, davvero mi ha preso serio?” poi rivolto all’amico: “Giggi’, davvero non si coglieva l’ironia?”
E Rollo, con la consueta grazia:
- “Nonno, un po’ di esercizio alle sinapsi, alle volte? Leggi “Il Male”, ricomprati il “Marc’Aurelio” a Porta Portese…”
Ad Enzo tocca di nuovo stoppare Rollo, che non tracimi:
- “Amico mio, in realtà vado in bestia per gli egoismi meschini di chi nega il proprio aiuto ai miserabili del mondo, senza accorgersi che spesso, a sua volta, è beneficato dalla solidarietà degli altri, sotto forma di pensioni, sanità, scuola pubblica, cassa integrazione;
vorrei metterli di fronte all’eventualità di perdere i vantaggi della solidarietà sociale; e non mi interessa il pretesto fiscale (“i servizi agli italiani che pagano le tasse”) perché dello stato sociale approfittano anche gli evasori, e sono tanti; anzi questi hanno una forma mentale che li porta ad usufruirne anche senza diritto, alla finti invalidi…”
I due torvi responsabili del mal di pancia di Rollo si riscuotono:
- “Allora non ho capito. Quindi tu sei a favore o contro…”
- “A’ Geppo M’Inceppo, ti sta dicendo che s’è stancato de paga’ pensioni a tu padre e tu nonno: che, ce mettono ancora tanto?”
- “Rollo, già nun ce stavano a capi’ gnente… vedete, finchè penso all’humani generis, mi sento la più generosa delle persone, tanto più se vengono da lontano e non ne conosco virtù, vizi e difetti; però conosco i nostri polli, e non mi piacciono gli impiegati pubblici che fanno un lavoro inutile, inventato per contenere la disoccupazione, ottenuto grazie all’appartenenza ad una clientela e che passano il tempo al bar a dire che ‘sti rumeni ci rubano il lavoro;
poi non mi piacciono quelli che hanno evaso per una vita, si godono pensione e cure mediche e baccagliano che non ci possiamo permettere di salvare dai flutti del mediterraneo i disperati che rischiano di affogarci;
e neanche mi piacciono quelli che hanno frequentato la scuola pubblica dove hanno imparato solo a fischiare i “negri” allo stadio;
quindi frusterei tutti quelli che approfittano del sistema solidaristico, purchè ce ne sia solo per loro;
e non mi piacciono neanche quelli che dicono: “si, ma noi siamo italiani”:
ecchisenefrega! Io sono sannita, mi frega assai di veneti, bruzi, liguri od osci (dei frentani o dei marrucini poi me ne stracatafotto)”.
Il viso dei due bravi patrioti si fa finalmente compunto ed atteggiato a dignità seriosa:
- “Ma poi, noi stavamo parlando fra amici… tu cosa vuoi?” rivolto all’intruso.
- “Io?…Un digestivo.”

Nicola Lembo